Mi è parso di vederlo in palestra durante gli allenamenti infrasettimanali tra la prima e la seconda di campionato, la partita che oggi, venticinque ottobre venticinque, vede i Belk U14 ospitare i pari età del Gonzaga Basket.
La visuale dal tavolo dei refertisti dove siedo come cronometrista è ideale per esaminare i tifosi, per lo più genitori o parenti dei giocatori in campo. Perciò mi viene naturale cercarlo tra il pubblico; invano.
Nonostante siano passati molti anni da quando l’ho incontrato la prima volta ai margini di un parquet, non mi è stato difficile riconoscerlo in palestra: stesso sguardo acuto, stesso fisico asciutto, stesso fare deciso e sbrigativo di chi sa quel che sta facendo e lo fa al meglio.
I suoi metodi di indagine puntano a prevenire il crimine e la sua presenza in un certo contesto è sempre motivo di allerta, e se preannuncia una possibile minaccia è per sventarla: qualcosa sta per accadere, e solitamente si tratta di qualcosa di molto, molto spiacevole come una partita persa. D’altronde, lo so per esperienza, la sua presenza è anche la miglior garanzia che l’amaro destino possa essere radicalmente cambiato.
In ogni caso, dopo la sconfitta patita in casa la settimana precedente, c’è ragione di pensare che il delitto sia nell’aria o che si sia già consumato o che, nel peggiore dei casi, possa concretizzarsi in una serie di piccoli omicidi apparentemente senza importanza legati tra loro come anelli di un’unica macabra catena. Perciò, la sua presenza sugli spalti non mi sorprenderebbe.
Il referto autoptico della prima di campionato persa contro i pari età del Social Osa sette giorni fa parlava già abbastanza chiaro ma non del tutto: “Le ferite letali sono state inferte dai mancati appoggi da sotto canestro, errori a volte clamorosi amplificati dall’aspettativa dei tifosi e dei compagni che un contropiede in superiorità numerica si debba concludere benignamente e non tragicamente. Uno, due…, cinque fendenti di questo tipo giustificano il divario di dieci punti che lampeggia sul tabellone al suono lugubre della sirena finale.”
Conseguentemente, quando la settimana scorsa entrai nello spogliatoio dei Belk per consegnare certi documenti, l’atmosfera era quella de la morgue, un obitorio emotivo con dodici cadaveri ripiegati sulle panche e sull’amara sconfitta.
“La sconfitta odierna contro il Gonzaga richiede una diversa riflessione” commenta pensoso il dr Angelucci anatomopatologo emerito della Clinica Crespi Ariberto di Milano.
“Eppure – ribatto – sembra che ci siano parecchie analogie con il delitto di sette giorni fa… le ragioni del decesso pare siano da attribuire ai punti mancanti, ai canestri non realizzati più che a quelli subiti. Non è chiaro – continuo scorrendo il referto – gli Uri (10punti) e i Teo (8pt), i Brambi (8pt), sono proprio loro ad avere un cartellino di tutto rispetto. Edo Sbaiz (2pt) ha fatto il suo, la grinta c’è e non potrà che migliorare, e lo stesso vale per tutti i nuovi, Pagani (4pt) e Scaccia, per dire.”
“Anche i vecchi si muovono bene in campo: Tito (2pt), Seba (4pt), Giogi, Richi (2pt), ma evidentemente non basta” chiosa il dr Angelucci.
“Pare ci sia un’altra ipotesi da considerare – suggerisce la drs Brambi, terza e più qualificata refertista cui è stata affidata l’autopsia. Il decesso potrebbe essere dovuto a cause interne: micro lesioni provocate dalle innumerevoli palle perse in fase di ripartenza. Potrebbe trattarsi di una forma di intossicazione, di avvelenamento da ingenuità, o supponenza, o confusione generata dal pressing avversario…”
“Dobbiamo assolutamente parlare con il Commissario Papale – concludo grevemente – mi è sembrato di vederlo gironzolare in palestra durante gli ultimi allenamenti.”








