L’anno che battemmo l’Armani Jeans

BRAVI, BRAVI TUTTI

Si trattava l’altra sera, 21 aprile 2023, di stabilire chi – tra la squadra brianzola degli Ussa Nova e quella dei Belk – fosse legittimato a partecipare al prossimo campionato di serie D, e a giocare i play off per un’eventuale promozione nella serie superiore.
Parafrasando Karl Emil Maximilian Weber noto economista, filosofo e sociologo tedesco nato a Erfurt – guarda un po’ – il 21 aprile del 1864, potremmo dire che si trattava di una partita costituente per Basketown, intendendo la società cestistica milanese come “una comunità di uomini che […] pretende per sé (con successo) il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica” (sin qui il Weber), declinata sulla tecnica e la tattica cestistica (questo il contributo del suo epigono, il Papale).
Questa definizione, divenuta centrale nello studio delle moderne scienze della palla a spicchi, ci permette di capire perché tra le due squadre in campo non abbia prevalso quella con il coefficiente muscolare e l’altezza media più alta, ma l’altra formata da giocatori con tecnica, colpo d’occhio lupesco, rapidità di esecuzione, giropalla e fantasia più sviluppate.
Per poter dare sfoggio di queste qualità i nostri hanno dovuto comunque sostenere il confronto fisico con dei marcantoni non da poco.
Qui apro una parentesi per dar conto dell’uso non casuale della parola marcantonio la cui comprensione è immediata ma l’origine non accertata. Pare che Marco Antonio il console che si invaghì di Cleopatra eccetera eccetera pur non giocando a basket, fosse dotato di un fisico e di una prestanza degna del fascino dell’aspidica regina egizia. Non ci sono però attestazioni che l’antonomasia si sia diffusa in epoca romana.
Il termine marcantonio lo troviamo invece nei testi delle commedie del veneziano Goldoni e il riferimento più immediato, sebbene di un paio di secoli precedente, è quel Marcantonio Bragadin – generale della Repubblica di Venezia nato in laguna, non ci crederete, il 21 aprile del 1523 -, che doveva essere dotato di un fisico eccezionale se resistette alle torture dei Turchi ai quali, non in senso metaforico, vendette cara la pelle. I Turchi lo scuoiarono da vivo e con la pelle ne fecero un fantoccio riempito di paglia, oggi conservato nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo nel Sestriere di Castello.
I nostri marcantoni non hanno subito tanto sadico accanimento sebbene il rumore prodotto dal corpo di Tommi Botto, di gluteo caduto sul parquet, abbia ricordato quello di una delle cento frustate inflitte dal boia turco al Bragadin. Non che il Tommi abbia subìto o che abbia porto l’altra guancia (o chiappa), ma com’è nel suo stile di persona mite e giusta, e implacabile, per ogni colpo ricevuto ha restituito due punti sul tabellone.
Tante ne ha prese, e tanti ne ha realizzati, di punti, ventidue a referto, miglior realizzatore. Io ero seduto in tribuna accanto al padre, come ci capitava tanti anni fa. Bè, tutto sembrava tornato all’anno in cui battemmo l’Armani Jeans: il Papale a bordo campo, Mimmo Stasi al tavolo, il Meschia che fa stretching, Tommi Botto e Jaky Belli che macinano punti e io che arrivo sugli spalti con un fagotto tra le mani che era Tito, appena uscito dal nulla, e tutti mi si fanno attorno, e quella specie di cerimonia di presentazione del nuovo nato, improvvisata lì sui gradoni del Boccioni, è la cosa più simile a un battesimo avuta da quel bambino che ora, dieci anni dopo, è sugli stessi spalti insieme ai suoi pari a urlare Forza Belk.
Il vecchio Botto, dicevo, era lì accanto a me impassibile di fronte ai colpi che giù nell’arena prendeva il figlio ma, s’infiammava quando gli arbitri non fischiavano a dovere stravedendo uno sfondamento per un fallo del difensore e viceversa. Tutto come ai vecchi tempi mi dicevo, tutto come ai vecchi tempi!
Alla fine, lo saprete già, la serie D ce la siamo guadagnata con una quindicina di punti di vantaggio, schiacciate da enbiei e triple che piovevano come cinquecentesche palle di cannone. Ancora non era suonata la sirena che gli avversari han deposto le armi riconoscendo la sconfitta; e, a loro è stato riconosciuto il merito d’essersi battuti.
In una pausa tra uno scroscio di applausi e l’altro, il vecchio Botto è balzato in piedi e, rubandomi il tempo, ha fatto riecheggiare l’ecumenico “BRAVI TUTTI!”

Stefano Fregonese

Stefano Fregonese, Belk nel midollo, è papà di Matteo (1996, Belk in campo nella citata vittoria contro Olimpia Milano) e Tito (2012, Belk a sua volta e in campo nella prossima vittoria contro Olimpia Milano…)